Ma quanto è antica la città di Ostuni?
Fonti storiografiche accertano la presenza dell’uomo sin dall’epoca neandethaliana. Pare che fosse proprio l’abbondante presenza di grotte a costituire l’habitat ideale per la presenza dell’uomo primitivo.
Ma bisogna attendere sino al 1000 a.C per parlare del primo insediamento cittadino, attribuito ai Messapi e distrutto successivamente dalla furia di Annibale. Nel frattempo Ostuni è stata ricostruita ma è passata di dominazione in dominazione con i Longobardi, i Saraceni, i Mori, gli Svevi e i Normanni, i quali hanno tracciato i confini esatti del territorio.
Tuttavia è nell’epoca rinascimentale, in seguito all’annessione al ducato di Bari, che Ostuni conosce il suo massimo splendore nonché la sua massima espansione urbanistica. L’idillio termina nel XVII secolo, periodo in cui Ostuni è venduta alla famiglia Zevallos che tenta di instaurare un vero e proprio regime feudale. Sono anni bui per la città, piegata anche dal dilagare della peste.
Sono stati i Borboni a riportare alla luce Ostuni e a contribuire alla sua ulteriore espansione in direzione dei colli di Cappuccini, Sant’Antonio e Casale. È in questo periodo che il centro della città passa da Piazza del Moro all’odierna Piazza della Libertà. Dopo secoli di dominazioni straniere, Ostuni ottiene la libertà nel 1799, attestandosi come città libera e repubblicana. 61 anni dopo sarà la prima città pugliese ad alzare il tricolore.
Perché è universalmente conosciuta come la città bianca?
Diverse scuole di pensiero si articolano in merito alle ragioni del candore che da sempre contraddistingue questa splendida cittadina.
Pare che una motivazione fosse di carattere difensivo: gli abitanti di Ostuni dipingevano le mura della città di bianco perché la luce riflessa del sole avrebbe accecato i nemici e dato loro la possibilità di mettersi in salvo.
Ma una volta terminato il periodo delle guerre, gli abitanti di Ostuni hanno continuato con questa pratica per via di un’ordinanza emessa dal comune che imponeva ai cittadini di dipingere le pareti con la calce bianca per scopi igienici. La pratica si è rivelata essere un vero e proprio salvavita in quanto le carestie del periodo hanno provocato il dilagare delle epidemie di peste. È stato proprio grazie all’utilizzo della calce che gli abitanti di Ostuni sono riusciti ad evitare il contagio.
Grossi sacchi di calce sono stati depositati anche nei pozzi per sterilizzare l’acqua piovana lì raccolta. E così il manto bianco contribuisce a garantire la salute non solo dei suoi cittadini ma anche della moltitudine di turisti che ogni anno affollano le vie di Ostuni.
Questa pratica ha ispirato la fantasia di numerosi autori che hanno descritto il paesaggio come “una caduta di latte sul seno dell’Appennino” [cit. Tonino Guerra, 2010].
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